L’importanza della barriera funzionale nei materiali a contatto con gli alimenti
Quando si parla di materiali a contatto con gli alimenti nel nostro settore non possiamo non fare riferimento agli imballaggi che appunto proteggono l’alimento e ne garantiscono la conservazione fino all’utilizzo del consumatore. In questo ambito entra in gioco l’importanza delle barriere funzionali.
Cosa si intende per barriera funzionale?
La barriera è l’inserimento di uno strato o più di diversi tipi di materiali atti a bloccare il passaggio di sostanze che non rendano l’alimento conforme e sicuro. Nello specifico, per definire la barriera funzionale si fa riferimento all’art. 3 paragrafo 15 del Reg. 10/2011 che riporta la seguente definizione di «barriera funzionale»: “barriera costituita da uno o più strati di qualsiasi tipo di materiale, in grado di garantire che il materiale o l’oggetto finito sia conforme all’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1935/2004 e alle disposizioni del presente regolamento”. Quindi, tale barriera impedisce la migrazione di composti in quantità tale da pregiudicare la sicurezza alimentare. L’esigenza è quella di aumentare le proprietà barriera nei MOCA (materiali a contatto con gli alimenti) in modo da garantire la sicurezza alimentare, rispettando allo stesso tempo i requisiti essenziali dell’economia circolare.
Considerando la rilevanza che oggi va assumendo il concetto di sostenibilità, è sempre più importante che le aziende si impegnino a migliorare la barriera funzionale di tanti materiali, per garantire la sicurezza alimentare. A questo proposito, è interessante distinguere tra “barriera assoluta” e “barriera funzionale”: la barriera assoluta si ha quando il materiale blocca completamente qualsiasi permeazione, ma questa caratteristica vale soltanto per il vetro, l’alluminio (oltre un certo spessore) e alcuni metalli.
Quadro normativo di riferimento
Il primo regolamento che introduce il concetto di barriera funzionale è il Reg.10/2011 all’Art. 3 sopra riportato.
L’Art. 13 del Reg.10/2011 impone che la composizione di ogni strato di materia plastica di un materiale o oggetto di materia plastica multistrato, deve essere conforme al regolamento stesso, tuttavia in deroga a questo, uno strato non a diretto contatto con il prodotto alimentare e separato da esso da una barriera funzionale può non essere conforme alle restrizioni e specifiche richieste dal regolamento stesso, eccetto per il cloruro di vinile monomero, come stabilito all’allegato I; e/o essere fabbricato con sostanze che non figurano nell’elenco dell’Unione o nell’elenco provvisorio. Quindi la «barriera funzionale» per il Reg. 10/2011 è quella esercitata dallo strato di plastica a diretto contatto con gli alimenti per impedire la migrazione di composti NON LISTATI (e non CMR o in nanoforma) in quantità superiore a 0,01 mg/kg (definito dall’Art. 11 come limite di rilevamento) e dei composti LISTATI, in quantità superiori ai rispettivi LMS.
Ma la barriera funzionale, così come definita dal Reg.10/2011 soddisfa tutte le esigenze di sicurezza dei packaging alimentari? L’esigenza nel settore MOCA è di avere una barriera che non lasci passare eventuali “migranti” al di sopra di 10 ppb, sia che essi siano listati, che non listati. Questo valore è il target di misura della barriera funzionale, cioè è richiesto che nessun analita migri in quantità superiore a tale limite per essere sicuri della funzionalità della barriera.
Il concetto di barriera può essere esteso anche ai MOCA nel caso in cui si valutino le prestazioni del packaging, intese come elemento di conservazione delle caratteristiche di shelf-life del prodotto alimentare.
A fronte di tali esigenze nei nostri laboratori è stato messo a punto un protocollo di valutazione che permette di studiare diverse situazioni in cui tale barriera è necessaria; ad esempio:
- Barriera richiesta dallo strato di plastica vergine nei confronti di uno strato di plastica riciclata a monte (strutture A-B-A ) – verifica migrazione con composti «marker».
- Barriera richiesta dall’imballaggio primario nei confronti di composti provenienti dall’imballaggio secondario o, comunque, da fonti esterne.
- Barriera dello strato di retro di cartoni «centro-macero».
- Barriera di contenitori nei confronti di contaminanti esterni.
- Barriera di contenitori di oggetti promozionali posti all’interno di confezioni di alimenti o degli alimenti stessi (come si verifica, ad esempio, nelle uova di Pasqua).
I nostri laboratori inoltre sono in grado di rispondere ad esigenze specifiche del cliente con la realizzazione di studi personalizzati per la valutazione di barriere “particolari” come ad esempio la valutazione della barriera di contenitori di oggetti promozionali, valutazione effetto barriera di etichette per siringhe o la valutazione effetto barriera di bottiglie in PET nei confronti di composti utilizzati per la saldatura chimica di sleeves poste sulle bottiglie.
Il protocollo di studio “effetto barriera” messo a punto nei nostri laboratori ha dimostrato la propria efficacia in molteplici situazioni e per diversi tipi di packaging e materiali.
Ciò dimostra la versatilità della procedura stessa che può essere applicata in contesti diversi, con ampie possibilità di adattamento ai differenti materiali e alle diverse esigenze e applicazioni industriali.
L’esperienza pluridecennale di Lifeanalytics con la Business Unit dedicata a tutti i temi del Product Safety è a disposizione delle aziende del settore per effettuare studi specifici e mirati.
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